E-commerce e negozi: le strategie commerciali rispetto alle stagionalità.

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Un po’ per tutti è periodo di back-to-school e questo mi ispira un post sulla gestione delle stagionalità rispetto ai differenti strumenti a disposizione del canale tradizionale e quello digitale.

A settembre la gente torna dalle vacanze, i figli (grandissimo motore dei consumi) devono acquistare vestiti e articoli per la scuola, cambia la temperatura, le nuove collezioni, già presenti nei negozi ma tra saldi e ferie poco filate, iniziano a far sorgere le nuove esigenze. Tutto questo e molto altro è back-to-school.

Settembre è uno dei momenti commercialmente più caldi dell’anno, una delle tipiche stagionalità, che, come il Natale, l’estate San Valentino, i Saldi e quant’altro popolano i nostri calendari commerciali.

Nei negozi fisici spesso questo si traduce nella riorganizzazione del Layout (si cambia il mix e la quantità di prodotti a scaffale delle diverse categorie), le vetrine, le promozioni. Via il vecchio dentro il nuovo.

La strategia commerciale degli e-commerce e delle aziende omni-canale come si comporta? Spesso in modo molto molto simile, ma, secondo me, è sbagliato.

Come faccio a sostenere una posizione così forte? Semplice: ho provato a capire cosa vuole il cliente facendo una ricerca estrapolando l’interesse per merceologia dei diversi clienti invece di pianificare vendite ed assortimenti basandosi sullo storico.

Inizia l’estate e la direzione commerciale decide, guardando i dati di vendita Y.O.Y. e si pone la domanda “cosa si vendeva l’anno scorso?” E sulla base dello storico decide che prodotti mettere in vendita [in verde] e gia’ che ci siamo, visto che siamo in periodo di crisi ci spara delle belle vendite promozionali [in blu] pure ad inizio di stagionalita’ per spingere.

Passa, ahime’ la stagione degli ombrelloni, e, nello scaffale 22, dove ci stavano i prodotti della stagionalità precedente, tipo i prodotti per l’aria aperta, mobili da giardino, giardinaggio, out-door, via tutto! Ci dobbiamo i nuovi prodotti [in giallo] mettere cartelle, zainetti, piuttosto che prodotti per la casa e biancheria, a seconda del tipo del retailer.

Ma il cliente cosa sta cercando?

Le proprie esigenze di vita generano i comportamenti d’acquisto:

  • Se ho il giardino a settembre, prima dell’inverno devo fare una serie di cose per cui ho necessità di concime e vanghette, non di pennarelli e zainetti.
  • A settembre si va a passeggiare in montagna a funghi ho bisogno di pedule paile e zaino non di lenzuola.
  • Se faccio matrimoni battesimi e tutte quelle altre cose che si fanno o a Maggio o a Settembre avrò bisogno mobili da giardino o quel che serve per fare una bomboniera invece di…. e via discorrendo.

O nella moda, poi un costume da bagno per donna non lo si trova per sbaglio fino febbraio, se uno fa una settimana di vacanza.

Se proviamo a capire cosa sta cercando on-line il cliente, scopriremo che il potenziale di clienti da intercettare per le medesime categorie della stagionalità in dismissione [linee verdi e blu] avrà un andamento asimmetrico rispetto al reale interesse [in rosso]: semplicemente perchè è stato tolto dagli shelf non è detto che non ci sia più potenziale commerciale.

La cosa bella del digital è che hai pochissimi limiti, molti meno di quelli che in realtà la nostra struttura mentale sia abituata a percepire: possiamo mettere in vendita tutto quello che vogliamo, anzi che i nostri clienti vogliono, perchè non abbiamo limiti di scaffali, possiamo organizzare processi commerciali estesi, che potrebbe significare, anche, in ottica Omnichannel, non ammassare stock nemmeno in magazzino.

E allora a un colpo di mouse, appena un click piu’ in la finisci su un Amazon che anche se e’ un sito con stock straniero o la navigazione e’ incasinata…

Aprite la mente alle potenzialita’ del digitale e aumentate le vendite in nuovi modi mai immaginate…

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5 Comments

  1. Sara
    17 Settembre 2013
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    Gasp, come direbbe l’assessore Palmiro Cangini, c’hai ragione e i fatti ti cosano! Uno dei grandi problemi, e ne parli bene nel post (in maniera più o meno diretta), è l’analisi dei dati che portano alla pianificazione delle campagne commerciali. Non dico che non si faccia analisi…di analisi se ne fanno a iosa. Dico che forse, il “so what” a cui si arriva non è sempre corretto, forse proprio perché applicato a contesti diversi, che presentano dinamiche differenti.
    Altre volte invece il problema è proprio a monte…ovvero “quali dati ha senso analizzare per dimostrare cosa?”.
    Potresti farne un post…;)

    • 17 Settembre 2013
      Reply

      Ciao Sara,
      come sai l’indirizzo che avevo preso all’Università era Statistica, il primo giorno del corso il mio professore del corso, appunto, di Statica (discretamente significativo rispetto al percorso intrapreso) esordì:”la statistica è inutile, perchè dice sempre la cosa giusta o sempre sbagliata ma mai quello che avresti voluto sapere…” si riferiva, oltre naturalmente al descrittivo/preditivo, al tema del mining dei dati… in estrema sintesi si fa troppa analisi, sempre uguale ma soprattutto spesso partendo da domande relativamente sbagliate. “Relativamente” perchè magari son giuste per un canale solo o eran giuste 3 anni fa.
      Sarebbe importante compiere una scelta strategica che ridefinsca il ruolo del digitale che se rimane il fratello povero dei negozi non esprimerà mai il suo pieno potenziale se da questo partissimo invece che basarci solo sulle linee verdi e blu aggregheremmo pure quella rossa (con dati dell’analytics e del web monitoring generale) si potrebbe arrivare a una visione più completa dei diversi canali.
      ciaooo
      Gasp

  2. 18 Settembre 2013
    Reply

    Rispondo al commento di Linkedin http://www.linkedin.com/nhome/updates?topic=5785676359762194432

    Antonio:”Quello che tu osservi in realtà avviene già in ogni canale. In una fase in cui ogni spesa e pesata il consumatore acquista con logica Buy Now Wear Now. La grande differenza è tra chi segue la logica sempre in sconto o sconto solo in alcune fasi. Nei cambi di stagione devi sempre far crescere il tuo margin mix su vendite a margine pieno.

    Gasp: “Mah se avviene vuol dire che non me ne sono mai accorto :)
    Scherzi a parte, non nego che qualcuno lo faccia ma rispetto al mercato in pochi e spesso con logiche di qualche anno fa che diventano man mano meno efficaci.
    Ci sono tre considerazioni di partenza rispetto alla fruizione del post (che ambiva a essere un po’ generico) prima di calarlo nella propria realtà :
    1) le logiche sono un molto diverse se si parla di monomarca o di wholesale – Mediaworld non è un Apple store, la Rinanscente non è H&M
    2) se si parla di beni o di moda le logiche sono ancora differenti – Mediaworld non è la Rinascente
    3) se si va sulla moda e il monomarca dipende dal posizionamento del brand – Dior risente meno dell”influenza sul mercato di H&M di un Coin
    Preoccuparsi del “buy now wear now” è logico per tutti quei brand per cui la percezione asimmetrica del valore è diventata fungibile (vedi post “Il brand per i clienti degli e-Commerce fashion non vale piu’ nulla!” https://www.gasparotto.biz/2012/11/fashion-e-commerce-brand-non-conta-piu/ ) e che hanno il problema spesso prima di value proposition.
    In ogni caso un supporto alla strategia commerciale può essere lo showrooming abilitato da logiche omnicanale ma questo sarebbe un contesto in cui sarebbe necessario per un progettino di strategia che secondo me non si esaurisce in pochi scambi.

  3. 2 Ottobre 2013
    Reply

    E’ un po’ il concetto di “long tail” associato alla stagionalità: nei negozi tradizionali i limiti sono diversi e quindi la rotazione è imposta, online i limiti sono di altro tipo e quindi la rotazione si può gestire diversamente (anche per mantenere benefici tecnici, tipo la SEO). Imho ci sta perfettamente.

    • 2 Ottobre 2013
      Reply

      Bollino ufficiale “Approvato dall’esperto” :)

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