L’organizzazione di un team e-commerce nelle Corporate e nei Gruppi internazionali. (3/3)

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Gestione 1: multinazionale > locale

Tutti quelli che hanno lavorato in una multinazionale hanno almeno una volta provato la frustrazione da “hey tu sporco italiano non conti niente sei in un paese piccolo che fattura poco ed è appena una succursale dell’impero…“. Quanti di voi lo hanno pensato almeno una volta ?

Molti meno sono quelli che almeno una volta nella vita sono finiti per essere dall’altra parte della barricata, essendo nell’head-quarter o nella capogruppo sanno quanto bella sia la sensazione del “ Ha-ha-ha paesello miserabile, protesta pure quanto vuoi tanto il budget ce l’ho io e metto la tua richiesta come penultima della lunghissima fila delle cavolate richieste da voi poveracci :)“, ma vi assicuro che almeno una volta nella vita bisognerebbe cavarsi la soddisfazione, soprattutto dopo essere stati vessati per anni da anglofoni-mangia-pancetta.

Gestione 2: gruppo > controllata

Se la vostra azienda che viveva di una certa salute, magari perfettibile, è stata acquistata da un grande gruppo leader nel proprio settore e si è sentito raccontare da un manager sorridente ma un po’ vitreo:”Signori, non preoccupatevi, non è cambiato niente perchè VOI siete la vera linfa di quest’azienda e VOI siete il vero valore che il cliente ricerca e non dovete preoccuparvi perchè il GRUPPO vi ama e vi rispetta … ” e poi continua con un “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza“, non preoccupatevi non siete finiti in un romanzo di Orwell ma solo in uno dei tanti casi di M&A, che, in un paese in crisi e in vendita come l’Italia, ahimè mi sa che sono stati tanti.

Ok se sei uno che crede nell’articolo 18 chiama la Camusso, altrimenti lucida il tuo profilo Linkedin (con i trucchetti per il social recruitment) e aspetta che arrivino le prime comunicazioni di riorganizzazione :P

L’e-commerce nelle organizzazioni complesse

A prescindere che siate sfruttati o sfruttatori, HQ, Branch, Gruppo o Brand (se siete M&A no, voi non vi voglio) il post di oggi parla proprio di voi, di come si organizza un e-commerce all’interno di una Corporate o di un grande gruppo e di come sopravvivere all’inauspicabile finendo, magari per fare carriera invece di essere cacciati.

Se ho attirato la vostra curiosità i punti da considerare sono fondamentalmente 3:

  • 1) Scalabilità ed economia dei servizi
  • 2) Percezione asimmetrica del valore
  • 3) Capacità del controllo della varianza

1) Scalabilità ed economia dei servizi

Come accennato nel primo dei 3 dei post dedicati all’organizzazione del team e-commerce l’e-commerce è come se fosse una piccola azineda all’interno di un’altra azienda.

Ma la domanda è: se inseriamo queste due strutture in una struttura ancora più grande, una corporate o un gruppo, per l’appunto ha ancora senso?

BEEEP la risposta mi sa che purtroppo è NO, sopratutto se ci sono tanti altri e-Commercini che si contendono l’imprimatur del più grande e-Commerce del circondario.

Quindi riassumiamo ci sono una serie i scenari make-or-buy possibili rispetto a una serie di capabilites necessarie per l’erogazione del business.
Traduzione di capabilities: tutto quel che serve fare l’e-commerce (call-center, logistica, digital marketing, contenuti, … )
Traduzione di make-or-buy: tutto quel che non val la pena far dentro lo compri fuori da terze pari.

Ora capiamoci tutto quello che era fungibile e potenzialmente terziarizzato in semplice scenario di e-comemrce nelle organizzazioni può essere, al contrario, centralizzato.
ecco che una serie di capabilities come ha più senso che vengano accentrate come, in ordine di probabilità di centralizzazione:
– Call-center
– Vettori B2B prima e B2C poi
– Magazzino e Logistica seguito da tutta la supply chain
– Pagamenti e fatturazione
– Traduzioni
– A volte il CRM come strumento e del Direct-marketing (come strumento di campaign)

Perdete ogni speranza o voi che lavorate almeno nelle prime 3 / 4 aree.

L’eccessivo accorpamento dei servizi in realtà, anche se piace tanto ai CFO che fanno del gran saving, di solito finisce per penalizzare i brand o le aziende meno importanti del gruppo che devono uniformarsi ai brand maggiori ma magari finendo per appiattire il servizi e creare insoddisfazione nel cliente e riducendo naturalmente il conversion-rate e la soddisfazione del cliente che non tornerà mai più :P

2) Percezione asimmetrica del valore

Se è vero che chi fa il lavoro duro di spostare i pacchi o rispondere al telefono se la passa male, chi:
– gestisce il prodotto
– i responsabili di conto economico
– tutte le forme della tutela del brand,
invece possono dormire sonni più tranquilli.

Cosa si fa per vendere? Tutto quello che serve al brand e che permetterà di aumentare il valore percepito dal cliente del prodotto o del marchio stesso dovrebbe essere compreso come valore e tutelato dal gruppo:
– Merchandising in primis
– Comunicazione,
– Story-telling
– Marketing generico e comunicazione

Altre attività più Business-oriented come il Direct-Marketing e la Performance che in teoria sono fondamentali per la buona riuscita del business finiscono per non essere comprese tra le attività riconosciute come legate al brand o indispensabili e rischiano di essere messe in mano ad incompetenti o ad essere centralizzate.

3) Capacità del controllo della varianza

Ultimo punto se stiamo parlando di organizzazioni globali è importante, non solo riuscire a esprimere il valore di un brand ma di riuscire ad essere rilevanti rispetto al mercato di riferimento, alle logiche Locali .

Facciamo un concreto esempio di business: qualche tempo fa, quando lavoravo nell’HQ di un’azienda retail, avevamo organizzato una campagna legata ai mondiali di calcio ed alla vincita della propria nazione. Nel nostro immaginario c’era naturalmente l’ultima vittoria dell’Italia dei mondiali con tutti fuori a sventolare tricolori, cori trick e track, etc… e quindi facemmo una creatività coerente con quel che pensavamo. Una volta propagata la creatività tra i vari paesi mi chiamò Ricard, lo spagnolo, e mi disse:”Attenzione, se metti un cartellone con la bandiera Spagnola come elemento principale, in metà della Spagna, per diversi motivi, non venderai un ciuffolo!” (anzi ciuffolos in spagnolo) Paesi Baschi, Catalunya, etc … odiano tutti la bandiera e in casi simili la popolazione aveva strappato manifesti fino ad arrivare ad ostracismo organizzato nei confronti di marche e brand.

Le logiche di localizzazione naturalmente si applicano a diverse delle leve di business:

  • Definizione assortimento – ad esempio a Dicembre in Australia si vendono meno cappotti che a New-York
  • Listini prezzi – qui il tema della triangolazione (acquistare in un paese dove certi prodotti costano meno per venderli in paesi dove costano di più ) sarebbe amplissimo
  • Trading Mix – delle marche da proporre al cliente (marche poco note in Italia sono magari celeberrime in tutto il resto d’Europa…)
  • Marketing Mix – naturalmente i siti pertinenti in un paese, che ne so il fashion blogger popolare in una certa parte del mondo o il motore di comparazzione più efficace di solito segue logiche squisitamente locali e solo pochi circuiti hanno una copertura internazionale effettiva
  • Interazione tra canali fisici e digitali – il rapporto del consumatore con l’esperienza d’acquisto nei negozi fisici viene vissuta in modo molto differente nei vari paesi, immaginatevi quanto sia un fatto sociale a Dubai dove l’unica cosa che hanno sono i Mall …
  • Contenuti – naturalmente c’è tutto il tema delle traduzioni oltre che della concezione dei contenuti stessi, ad esempio una scheda prodotto per la cina per essere apprezzata dev’essere almeno di 3 cartelle, l’esatto opposto delle tendenze di mercato occidentali
  • Oltre a tutte le capability operative già citate (call-center, logistica, etc… ) che, se non centralizzate devono essere gestite come processo eccezionale localizzato

Non che mi abbia mai entusiasmato la parola GLOCAL ma sintetizza bene in concetto.

In estrema sintesi i processi di gestioni HQ>local o Gruppo>Brand finisco per poter essere sintetizzati in due macro tipologie:
– Bottom-up
– Top-Down

Un esempio di processo Top-Down l’avete letto poc’anzi con la campagna definita centralmente e poi declinata modificataci dal collega spagnolo. Di fatto la definizione di una campagna o di un’iniziativa avviene centralmente ed eseguita da fornitori centrali, poi condivisa localmente e passibile di ripianificazioni o modifiche operative da fornitori locali.

Naturalmente ci sono anche le iniziative Bottom-Up come ad esempio un’iniziativa di member-get-member che venne implementata dalla Branch Turca di una nota azienda di beverage che poi è stata portata a fattore di scala in Europa, quindi in Africa e poi applicata in circa 40 paesi.
L’iniziativa spesso viene fatta o con budget e fornitori locali o su richiesta locale con fornitori centrali, se poi ha successo il manager in cerca di visibilità la “pacchettizza” e la propone ai propri capi global per metterla a fattore comune.

In scenari Global o di gruppo l’organizzazione della comunicazione interna e dell’approvazione condivisa tra le diverse entità è forse il più importante dei fattori critici di successo per riuscire ad esprimere e cogliere le specificità che rendono rilevanti.

Corporatization in a Nutshell

Quello che lo scenario più comunemente perseguito ed auspicabile nelle realtà corporate o nei gruppi di solito si riassume in:

  • Concentrazione dei layer tecnologici come Piattaforme e-Commerce, ERP, CRM con prodotti di mercato solidi, scalabili e multi-tennant
  • Centralizzazione dei servizi (Logistica, call-center, … ) in HUB o centri di eccellenza di solito regionali (EMEA, APAC … ) che supportino diversi paesi che si avvalgono di fornitori centrali per l’erogazione dei servizi hard e per la creazione di prodotti, servizi, contenuti, campagne industrializzate e modificabili.
  • Tutto quel che è legato alle vendite ed al brand è bene che rimanga con un buon livello di autonomia di esecuzione ma all’interno di ambiti e processi concordati. Ad esempio il front-end può essere realizzato in modo flessibile da agenzie creative “contributor” che potrà essere implementato direttamente nei sistemi centrali.
  • La gestione locale ha necessità di essere supportata da professionisti che conoscano le dinamiche tipiche di mercato e che riescano a cogliere la sensibilità necessaria per erogare servizi percepiti come eccellenti e rilevanti dai clienti delle aree specifiche.
    Un approccio abbastanza rivoluzionario e che sta prendendo piuttosto piede è il concetto di gestione per “Archetipi di Mercato” (uno dei cavalli di battaglia del famoso Vacirca) che in soldoni invece di aggregare i mercati per Kilometri di distanza li raggruppa in base a caratteristiche di business comuni (ad esempio il Giappone per la dinamica di gestione del business nel fashion è più simile all’Europa che alla Cina).

La trasformazione del team e-commerce

E qui tirerei le fila riprendendo anche i due precedenti post del “filone organizzazione team e-commerce”.
In definitiva, l’organizzazione del team e-commerce “tradizionale” si trasforma un po’….

… orientandosi man mano di più all’evoluto modello di “gestione diffusa” …

… in cui di fatto si divide in due tipologie di funzioni quelle di “servizio” che erogano un servizio estendendo semplicemente le proprie capabilites tipiche (ancora una volta logistica, customer service , etc … ) e quelle di gestione del business vera e propria in cui si finisce per organizzare un team e-commerce un po’ più light che gestisce centralmente processi e piattaforme in collaborazione con gli enti locali del business.

Buona Glocalizzazione a tutti.

Anche tu non ne puoi più di essere il povero Italiano dell’ultima branch del grande gruppo che non ti fila di pezza? Segui gli aggiornamenti del blog sulla pagina FaceBook…


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