​ L’Apocalisse del Retail è arrivata! Tanti chiudono, tutti puntano sull’Experiental Commerce e l’Omni-Channel.

L’apocalisse del retail è arrivata: centinaia di negozi delle più svariate catene retail stanno chiudendo.
Parola di Business Insider che titola “the retail apocalypse has officially descended“. Ma anche di eMarketer con un meno roboante e più secco “Huge Wave of Store Closings Still to Come, Study Finds“, Forbes e lo dicono pure i Bruti, gli Estranei e i Corvi…

Già dopo tanto tempo che tutti dicevano “Winter is coming“, consapevoli ma attendisti, TAAAC alla fine è arrivato.
Mo’ fa freddo e bisogna correre ai ripari.

Dopo le centinaia di chiusure molti altri sono a rischio, il Rating dei malls , basato su un insieme di leve tra isocrona, posizionamento e region, evidenzia come tanti e tanti altri siano a rischio.

I dati sono del fenomeno registrato in America, dove, se è vero che da un lato il mercato è un po’ diverso perchè tanto commercio viene concentrato all’interno dei Mall che spesso rappresentano un po’ l’equivalente del centro del paese per i vari suburbs, dall’altro comunque l’economia sta andando piuttosto meglio che da queste parti.

Facendo un medione ponderato in ogni caso il fenomeno è di tale portata da non poter essere considerato che un trend mondiale, la cui coda lunga colpirà tutti: produttori, distributori e se la grande distribuzione soffre la piccola non è detto che rida, anzi.

Considerate che il fenomeno è cross e coinvolge un po’ tutte le categorie ed i tipi di merchant, per cui nella lista nera si trovano tanti nomi celebri che abbiamo studiato con ammirazione 100 volte sia di Fashion con Abercrombie & Fitch, Guess o Macy’s, che di Elettronica con RadioSacks e Target che di beni di consumo in generale con Sears, KMart, …
Giusto per dare un’idea della profittabilità degli oggetti parliamo a metro quadro rispettivamente di (partendo dal TOP US):
1) – Neiman Marcus – $37,040
2) – Nordstrom – $33,521
3) – Macy’s – $24,227
4) – Lord & Taylor – $23,484
5) – Saks – $20,648

Cause ed effetti

Per chi ha esperienza di Retail che vivono una fase di tournaround (ed io ho ben vivide Prènatal e Unieuro i cui piani di rilancio son stati tutt’altro che indolori) i temi potrebbero parere tradizionali:
1) capire dove puntare in termini di location
2) ripensare all’assortimento
3) ridefinire le strategie/posizionamento del brand
ma se ne parlate con un Direttore Commerciale spero che la notizia non venga liquidata con un “ah si sempre la solita vecchia storia“.

In realtà la riflessione che mi fa sorgere spontanea la magnitudo del fenomeno è di ben altro livello, più che non un fenomeno strettamente economico viene da pensare che ci si stia presentando un vero e proprio cambiamento delle abitudini dei consumatori, quindi le nuove grandi domande a cui dare una risposta sono piuttosto:qual’è oggi il ruolo del negozio?, e domani ?

Secondo alcuni, e anche secondo me, il fenomeno è in primis determinato da una trasformazione del modo di pensare, vivere ed acquistare in negozio del consumatore: la recente crisi ha portato una riduzione di consumi orientandosi sempre più a una consapevolezza del rapporto qualità/prezzo (anche per il lusso) e a un’orientamento all’acquisto in offerta da un lato a alla trasformazione del modo di rapportarsi del consumatore con i brand e i retailer in buona parte dovuto al Digital ed alla penetrazione del mobile rispettivamente come primo media e primo touchpoint (c’è ancora chi se ne sorprende …, disse il dinosauro a Darwin).

Certo nelle diverse parti del mondo il fenomeno ha un livello di maturità diverso, ad esempio a Dubai o nei paesi in forte crescita dove lo shopping è un fatto culturale le dinamiche non ricalcano quelle di US o nelle zone a bassa scolarizzazione si rimane più ancorati ai modelli tradizionali ma dove c’è grano, cultura e metropoli così vanno le cose.
Non escludo che in una serie di mercati per ricchi ed emergenti che siano, prendete Singapore, accada comunque qualcosa di simile presto anche solo a causa dell’inflazione e non necessariamente per micro-crisi di assestamento come in Cina negli anni scorsi (dove hanno sofferto anche i più forti).

I segreti per essere un Retailer di successo nel 2020

Dopo “tutto questo nero“, come dice l’amico Rizza, cerchiamo di trovare uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, anzi, all’insegna dell’ottimismo, ne possiamo vedere ben 3, quindi bando alle ciance e via con i trend:

  • Experiental Commerce
  • OmniChannel
  • Go Digital

Experiental Commerce: i negozi si trasformano

In estrema sintesi quello che adesso tutti stanno considerando è il tema dell’Experiental Commerce, ovvero reinventare i luoghi d’acquisto in luoghi d’Esperienza per il consumatore e questo va bene come filosofia ma, all’atto pratico può tradursi in 1.000 modelli retail diversi, qualche esempio:

  • L’esempio più tradizionale di una delle specie sull’orlo dell’estinzione,sebbene non ancora coperte dalla protezione del WWF: le librerie, uno dei primi settori a essere stati amazzonizzati. Naturalmente molte hanno chiuso, quelle più storiche o con una value-proposition o una sezione tosta sono sopravvissute, ma le catene non se la sono passata benissimo. Alcune si sono buttate su altre categorie merceologiche, le più improbabili, altre hanno esteso il più possibile l’assortimento, ma se guardate le nuove aperture hanno provato a reinventarsi: spesso sono più simili a uno Starbucks con gli scaffali.
    Gente che passa il tempo a chiacchierare e magari a leggere due pagine con un caffè.

    Fuffometro (da 1 a 10): 3

  • Appleha addirittura iniziato a rimuovere la parola “Store” puntando tutto e solo sull’Experience e la bellezza del “vivere il prodotto”, msgari non tutti se lo possono permettere ma l’idea è quella.

    Fuffometro (da 1 a 10): 6 (tanto se lo possono permettere ancora per un po’)

  • Amazon, stessa che sta provando a sbarcare nel fisico lo fa provando i nuovi formati “del futuro” reinvendando il concetto stesso di acquisto togliendo le casse (anche questo più concept che esperienza concreta ma fa decisamente riflettere).

    Fuffometro (da 1 a 10): 10+ (secondo me è un po’ una butade come quella dei droni)

  • Per andare su qualcosa di un po meno disruptive Target, una delle catene poco fa menzionate perchè oggetto dell’ondata apocalittica, reinventa i formati e le superfici.
    In tutto questo hanno ridotto la massificazione, che fa povertà, da un lato, ampliato gli spazi dedicati a prodotti migliori e cercato di ridurre le barriere di entrata, uscita e fruizione.

    Fuffometro (da 1 a 10): 3

  • Nike e una serie di altri Brand che fanno la maggior parte del fatturato con wholesale e B2B2C stanno reinventando le proprie strategie retail con chiusure/spostamenti dei negozi nei luoghi di maggior traffico di persone e l’estensione degli orari di apertura.
    l’idea è quella di creare luoghi d’aggregazione per valorizzare prodotti, far vedere le colalborazioni , … tipo il Nike Lab

    Fuffometro (da 1 a 10): 6 e 1/2 (va bene per fare branding)

  • I più avanzati stanno pensando di fare una sorta di pop-up store mobile per portare il prodotto/negozio la dove la gente si ritrova, tipo esperienza mobile che ingaggi e venda fuori dal concerto o davanti al Radetzky.

    Fuffometro (da 1 a 10): 7/8 (almeno con il fatto che è un pop-up o mobile non spendi troppo in allestimento e te la puoi cavare con qualche centinaio di K, ROI TBD)

Tutto l’OmniChannel possbile

Alla faccia del conflitto di canali con cui ci hanno sfracassato i @#@#@# per anni, sempre tornando ai succitati brand e alle succitate fonti 8 catene Retail internazionali su 10 puntano sul Commercio Digitale come se fosse l’unica ancora di salvezza possibile.

Visto che la crescita di Amazon è un fatto incontrovertibile bisogna trovare il modo di distinguersi da un lato e cavalcarlo quando possibile dall’altro, per farlo è necessario un mix di modelli differenti e sempre più personalizzati rispetto al tipo di merceologia e al posizionamento della catena stessa:

  • traducendo l’esperienza vissuta nel negozio in qualcosa di unico e vissuto coerentemente anche nei canali digitali traducento l’Expereintal Commerce fisico in un Experience-Driven-Commerce che arricchisce di molti contenuti personalizzati e mobile l’interazione con gli eCommerce altrimenti povera e a tratti frustrante.
     
     
  • declinando l’eCommerce in business-model sempre più unici con un mix tra elementi di eCommerce Tradizionale con logiche di drop-shipment e marketplace (ad esempio i due più iconici retailer Uk, Harrods e Selfridges, entrambi in modo un po’ diverso, stanno trasformando il proprio on-line in una sorta di Market-place che sta lavorando con l’extended assortment dei brand), integrazione con concession, eTailer, B2B, B2B2C e supportando la chiusura dell’ordine con strategie di logistica evoluta possibili (reserve-n-collect, pay-n-collect, showrooming, …)

     

  • accogliendo digitalmente il cliente in negozio facendo diventare l’esperienza lungo tutto il customer-journey seamless.

     

GO Digital

Giusto per ricapitolare quanto detto sino ad ora:

  • lo Story Telling e l’Experience sono gli elementi che man mano influenzeranno di più il successo delle vendite,
  • i media ed i touchpoint più efficaci saranno quelli digital,
  • l’Experiental Commerce viene amplificato dal Digital dentro e fuori dal negozio,
  • l’eCommerce è la salvezza per non sparire commercialmente,
  • l’acquisto diventa Omnicanale.

Quindi mi sembra ridondante ri-spiegare perchè tutto debba essere:

  • sempre più Digitale
  • integrato – partendo da un’intima conoscenza del cliente, che ci permetta di riattivarlo proponendogli di vivere un’Esperienza fantastica proprio nel momento in cui è più recettivo
  • governato dalle nuove piattaforme di Marketing-Cloud – che orchestrano e personalizzano l’esperienza in tutti i suoi aspetti, dall’ADV alla conversione del mix di canali che preferisce.

Experience Side effects

Concetto chiarito, no? D’accordo o meno ci saranno comunque dei side effects:da considerare quando si definisce la nuova strategia commerciale Omnichannel:

  • 1) La redditività per lineare crollerà a picco, quindi i KPI e i modi di calcolare il successo cambieranno,
  • 2) Se tutti i competitor avranno un negozio “Esperienziale” i negozi tradizionali al cliente faranno schifo
  • 3) L’attenzione allo story-telling ed alla produzione dei contenuti diventerà una delle chiavi del successo, ridefinendo l’equilibrio tra piano editoriale e piano commerciale,
  • 4) L’organizzazione e le skills necessarie per garantire un time-to-market adeguato cambieranno radicalmente.

Un Business-Case di successo ?

Beh per chiudere con un po’ di pragmatismo ed ottimismo qualcuno che sia scampato all’Apocalisse del Retail con questi 3 ingredienti in relatà pare che già ci sia: Argos era in un momento di crisi e stava per chiudere ha adottato simili strategie, ha fermato il declino, ha iniziato a crescere, è diventata attrattiva e invece di chiudere rovinosamente è stata acquistata da Sainsburys che ne ha moltiplicato il format in tantissimi punti di vendita per reinventare l’Experience e l’assortimento con insieme a punti Habitat.

Uno dei miei personaggi di una commedia preferiti di sempre, il signor “Distruzione”, una sorta di Dio che si è preso un secolo sabbatico, sosteneva che “… non capisco perchè la distruzione viene sempre stigmatizzata come un fatto negativo, in realtà la distruzione è il principio, il passo necessario per creare qualcosa, magari di bellissimo, ma tutti se la prendono con me perchè non guardano in prospettiva “.
Beh se prendessimo in parola il signor “Distruzione” (che in occasione dell’Apocalisse del Retail mi sa che abbia finito il suo sabbatical), consideriamo che potrebbe essere una bella opportunità di innovare tutto quel vecchiume che ci opprime da sempre nella distribuzione.

Buon Experience a tutti :)

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