La gamification combatte persino l’AIDS

Alcuni giuorni or sono c’è stato lo’unicoevento significativo del digital italiano e mi aspettavo che qualcuno desse spazio alla era figata del momento, la strategia di gamification, invece non ne ha parlato nessuno a eccezion fatta di un mini volantino A6 fatto da Fullsix … onore al merito, ma come faccia un concetto così grosso a stare in 10 cm quadri ancora non riesco a capirlo. Not enough.

Cosa significhi “Gamification” è stato uno dei post più letti ndel blog percui lo darei quasi per scontato…. anyway “Gamification” in estrema sintesi e rendere divertente qualcosa di palloso facendo si che a tutti venga voglia di cimentarsi in qualcosa anche se, così, su due piedi, non gli sarebbe mai venuto di provarci. E al limite dopo qualche sforzo gli si da un bel badge.

La novità è qualcosa di estremo, per la gamification. Non qualcosa di noioso ma difficle, non una dinamica ludica ma un gioco vero e proprio.

Ce lo regala http://fold.it/portal/, notizia del Times riportata da diverse testate.

L’HIV è un virus infinitesimale, qualcuno lo immagina come una bestia cattiva, in realtà son due pezzettini di RNA piccoli piccoli che mal si combinano con il DNA e finiscono poer fare un puttanaio. Un puzzle. Un Lego. Microscopico e incasinato ma è un Lego.

E nessuno lo riesce a risolvere sto cavolo di inghippo neppure con la maggio capacità di calcolo del mondo, nemmeno a programmarci su per 15 anni.

E allora cosa si fa?

Fai un vero e proprio Puzzle 3D, un videogioco. Qualche migliaio di on-line gamers ca##oni e perditempo a mente fresca, divertiti, scimmiati per il videogiochino, prova e riprova, anche in squadre (rispettando i principi chiave della gamification), a risolver sta specie di cubo di rubic, ce l’hanno fatta! Hanno capito come si combina quel filamento di RNA andato a male, hanno capito come funziona l’HIV, e, magari, con un po’ di pazienza, sconfitto l’AIDS divertendosi.

Fichissimo.

Marketeers, pensate cosa potrebbe fare nei vostri concorsi a premi!

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