Cosa succederebbe se gli artisti si comportassero come i marketers?

Una sera, invitato alla cena di gala di Popai (grazie Massimo), ho avuto la fortuna di sedermi al fiancodi Perluigi Sacco. Visionario professore del marketing dell’arte mi ha raccontato diverse cose interessanti ma, in particolare, una mi ha colpito e divertito.

Di studi pseudoscientifici e’ pieno il mondo e si trattava diuno di questi: l’esperimento consisteva nel chidere alle persone di una specifica nazione quali fossero gli elementi che avrebbero voluto veder rappresentati nel loro quadro ideale per colori, forme, tipo di rappresentazione e dimensioni. Sono stati applicati i metodi di indagine tipici utilizzati nelle ricerche di mercato per riuscire a trovare l’opera d’arte ideale, ed i risultati non sono stati scontati.

Alberi. Natura. Animali. Persone serene. Sole ( mi suggerisce Ingrid che sbircia mentre scrivoil post sull’iPad :) Mixali, come un cockatil, e ti esce una roba bucolica a bestia. Una roba da cariare i denti. Una roba vecchia, ormai, di 200 anni.

Poi c’e’ l’altro lato della medaglia. E’ stato chiesto pure quale fosse il quadro che piacesse di meno, piu’ o meno ad unanimita’ e’ risultato essere l’astratto.

Ma cosa succederebbe se gli artistiagissero come i marketers di un’azienda nel concepire le proprie opere nella speranza di poter vendere i propri quadri:
– l’arte sarebbe morta da un pezzo,
– nessuno avrebbe piu’ una tela attaccata in casa
– il mercato del poster stampato avrebbe un +40%
– probabilmente ci saremmo annoiati a morte ecercheremmo qualcosaltro che colmi una necessita’ latente insoddisfatta.

Ma e’ vero che alle persone l’astratto non piace? Ancora una volta non e’ detto, anzi a vedere la fila che c’era in piazza Duomo alle ultime mostre non si direbbe proprio. Ma l’astratto, lo dice la parola stessa, e’ la sublimazione di qualcosa di reale rielaborato che colpisce l’incoscio in modo molto piu’ forte della bella, banale cartolina.

Certo non e’ immediato, ma e’ potenzialmente piu’ potente.

Lo spunto di riflessione condiviso con il mitico Pierluigi, che volevo condividere convoi e’: Quando approcciamoil mercato come ci comportiamo? Facciamo l’ennesimo poster o innoviamo? E se si quanto? Certo bisogna non si può andare totalmente contro corrente ma ricorrendo a criteri di scelta conservativi e statistici non si riuscirà mai ad ottenere un ottimo risultato.

Ed infine le eccezioni in cui l’Italia non poteva non rientrare, l’unico paese a scegliere 2 quadri aniche’ 1 (in realtà cambiano i formati). Ma questa secondo me e’ piu’ una distorsione statistica dovuta alla paraculaggine intrinseca del panel. D’altrocanto non puoi pretendere di formulare la stessa domanda nello stesso modo a un tedesco, un inglese ed un napoletano ed apsettarti che, quest’ulimo non ti proponga una chiave di lettura creativa :D

L’altra eccezione è il web, l’ultimo quadro in fondo. L’agghiacciante composit di cane realistico che fa la guardia ad un oblò semi-astratto…

Prima di lasciarvi visitare il sito dei dipinti preferiti riassumerei i punti salienti:

  • quel che emerge dalle ricerche di mercato non sempre rappresenta la reale preferenza della popolazione,
  • per fare successo bisogna innovare, compiere una frattura epistemologica, portare le persone in lidi inaspettati,
  • gli italiani son paraculi,
  • quello che funziona off-line non è detto che funzioni on-line.
  • provando ad avere un approccio differente, e i marketers provassero ad essere un po’ più artisti,  invece di fare la 500^ copia della Gioconda, rischieremmo, si, di di far una porcata, ma anche di diventare dei Picasso. Marketers, osate!

http://awp.diaart.org/km/painting.html

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