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Quanto la strategia digital influenza le vendite e la percezione (on-line e in negozio) di un brand?

Alcuni giorni fa ho partecipato al Marketing Trends Conference 2012 organizzato da Business International, roba piuttosto fica a cui, per partecipare, devi pagare € 1.100.
Ne ho fatti a decine ma questo è stato il primo evento in qualità di blogger a cui sono stato invitato: il bello di partecipare come blogger è che puoi dire quello che vuoi.

Prima ho raccontato alcune delle cose che mi hanno colpito di più in questi mesi, che avevo raccontato nei post dei mesi scorsi ed un paio di post che non ho ancora scritto , tipo, “quali sono gli ultimi trend del mercato?“:

E poi, soprattutto, il mio argomento preferito degli ultimi tempi,vero oggetto di questo post:

  • quanto il mix di media on-line impatta sul percorso d’acquisto?
  • Le aziende attente a preservare il brand ha senso che non differenzino le strategie per canale?
  • E se non ne presidiano alcuni di essi cosa succede?

Facciamo un gioco di ruolo:”Siete l’AD di un’azienda di moda e sono grandissimi affari tuoi:

  • il fast-fashion (Zara, H&M, …) ti hanno segato una bella fetta di mercato,
  • la crisi e il pessimismo hanno bloccato i consumi
  • l’autunno più caldo degli ultimi 15 anni ha fatto passare la voglia a chiunque di spendere i pochi soldi rimasti in giacconi, sciarpe e maglioni.

Questo ahimè s’è tradotto in un -30% di vendite secco in cassa e un +35% nello stock di magazzino.
A quel punto ti arriva quel ragazzotto di bottega che hai preso per farti il sitino intenet, si quello che vende poco e ti chiede: “Scusi illustrissimo siur paron che cosa ne dice di fare un nostro Outlet on-line con una piattaforma nostra (e non quella affittataci dai mercenari) invece di dar tutto via agli stockisti?”
Fine del gioco di ruolo: Che cosa rispondi?

Bene di solito le aziende dicono:”No perchè rovinerebbe il mio brand!” e finiscono per vendere una buona metà della rimanenza ai propri circuiti distributivi di smaltimento dello stock tradizionali e altri alle flash sales (Privalia, Saldi proivati, …) così vendono qualcosa e fanno quadrare un po’ di più i conti.

KamiKaze! Ricordatevi che tutto quel che fate oggi lo rischiate di pagare tra sei mesi o un anno con gli interessi.

Prima della risposta al gioco consideriamo qualche numero che spieghi l’immagine di testata:

    La torta è il totale della popolazione italiana nello specifico:

  • Poco meno della metà della popolazione utilizza internet mentre il 46% è vittima del “Digital divide”. Intendo la parte di popolazione che non accede a internet e non sa utilizzare i mezzi digitali anche se non è impossibilitata all’utilizzo
  • il 7% “not reached” sono i troppo giovani o i troppo vecchi o i troppo moribondi che congiuntamente ai “Digital divide” compongono il 53% dei totali non accedenti a internet
  • il 47% sono “digital people” di cui il 12% è piuttosto imbelle e ha un’eseprienza on-line lineare non contaminata da forme di promozione
  • il 18% degli italiani ha sottoscitto una o più “flash sales” (in realtà questa è una stima per difetto perchè quando si tratta di vendite private diventiamo la Cina. Poi pare che circa il 50% dei sottoscrittori riceva almeno 2 newsletter senza considerare Groupon e couponistica varia ),
  • il 24% degli italiani (nel dato originale 52% di un osservatorio eCommerce degli utilizzatori di internet) finisce per fruire dei motori di “comparazione prezzi “
  • stimando un 7% di sovrapposizione tra fruitori degli ultimi due canali e contando l’11% che viene influenzato dalle sole flash sales e un 17% che rimane influenzato dalla sola comparazione possiamo evincere che le forme di promozione alternativa impattano la percezione di circa il 20%-30% del totale della popolazione (Prima di giungere a questi numeri di sintesi mi sono letto tutti i dati, spesso in disaccordo o parziali, di Nielsen, dello IAB o peggio del peggio di Audiweb).

Il percorso d’acquisto è cambiato, la tecnologia ha modificato l’antropologia e quindi i comportamenti pure nell’acquisto: non esiste più il concetto di televisione-volantino-negozio per la grande distribuzione, o rivista-patinata-affissione-negozio per fashion e assimilabili.
Internet ha cambiato il concetto di percorso d’acquisto. Metà degli italiani per comprare qualcosa di complesso o di costoso vanno prima a informarsi su Internet: è un dato di fatto.

E qui si arriva all’altro fantastico zig-zag in testata, nella croce gli assi sono:

  • Dal basso all’alto si passa dal coinvolgimento del cliente con la comunicazione “sopra la linea” e le azioni di branding (colorate di verde), a quelle di engagement, di relazione e informativa (di blu), a quelle immediatamente precedenti alla decisione d’acquisto e l’aquisto medesimo (in arancio).
  • Da sinistra a destra ci sono tre principali metodi di fruizione dell’informazione off-line, mobile ed on-line.
  • Poi la rappresentazione a Tag-clod con le scritte più grandi e più piccole in base agli sforzi per il presidio.

Come si vede nei dati della ricerca di Fullsearch per SEMS la maggior partedelle persone che vengono esposte a messaggi promozionali sui media ATL tradizionali finiscono poi per andare a cercare/approfondire on-line e come con tutti accade il percorso di approfondimento inizia con Google nell’80% dei casi o con Facebook.

In ogni caso l’esperienza social è sempre li in agguato, con il social-commerce o i rating & reviews.

E li ultima considerazione sul grafico a croce della testata: notate la densità dei canali possibili per le tre differenti fasi. Nella fase di acquisizione ci sono moltissimi più mezzi on-line e mobile che non off-line. Le aziende tradizionali che pianificano above e genericamente on-line creano grandi volumi di potenziali clienti interessati che poi vengono intecettati dai pureplayer che presidiano la comparazione o dalle falsh sales, insomma, da tutti quei player orientati alla performance pura.

Gran finale con le risposte al role-play iniziale:

  • Non potete controllare quante flash sales verranno fatte con i vostri prodotti e tendenzialmente nemmeno le scontistiche nè quando le pubblicheranno, magari finisci per avere sei flash sales l’anno,
  • Gli stockisti oggi hanno quasi tutti dei propri canali di vendita che sfociano nel pureplay, piccoli siti che vendono gli stessi tuoi prodotti al -30% -50%,
  • se l’intero ciclo di vendita compresa l’eliminazione dello stock residuo e l’intero processo d’aqcuisto multicanale non viene correttamente presidiato lo farà qualcun’altro,
  • se quando cerchi il tuo brand on-line finisci per trovare gente che vende al -30% un prodotto della stessa marca l’immagine del prodotto e del brand si inflazionano
  • se un mese si e un mese no so che posso trovare un certo brand in una flash-sales, magari con sconti al 50% o al 70% , l’immagine del prodotto e del brand si inflazionano
  • dopo sei mesi tutto quello che hai dato via come stock riapparirà un gradino prima della decisione d’acquisto e ancora una volta l’immagine del prodotto e del brand si inflazionano,
  • caro sciur praon se il tuo brand si inflaziona on-line sei f@[]ù]° perchè stai parlando al 25% del mercato,e, tendenzialmente, a quelli che influenza altri negli acquisti, che hanno grano e consumano,
  • devi fare un eCommerce e presidiare correttamente tutti i canali di acquisizione: questo ti permette di comunicare al cliente correttamente l’equity e spiegare come mai qualcosa possa essere scontato se è di una stagione precedente ed è da considerare come outlet o è l’ultimo fichissimo prodotto,
  • Fare degli sconti on-line non è il peggiore dei mali, il peggiore dei mali è quando lo fa qualcun’altro e non riesci ad avere visibilità o voce in capitolo a riguardo, e fare lo struzzo non migliorerà la situazione.

Date un’occhiata alla cversione ridotta e staticizzata della presentazione:

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