Come risponde il cervello alla pubblicità? L’advertising on-line è più efficace.

Ho scoperto Grazie a Luca uno studio sponsorizzato da Facebook a NeuroFocus misurando le onde cerebrali durante le interazioni con un pattern di navigazione (Yahoo,The New York Times,Facebook … ) su un panel di benestanti uomini e donne con socio-demo rappresentativi del tipico internettiano. Lo scopo dello studio era misurare il cosidetto “share of mind” conquistato a valle dell’esposizione a un adv in modo scientifico estrapolando tre leve principali:

  • Attenzione – interesse rispetto al messaggio somministrato e capacità di non essere distratti da messaggi concorrenti.
  • Coinvolgimento emozionale: l’insorgere di emozioni positive che spingano all’interazione prolungata con il pattern.
  • Memorizzazione: trattenere il messaggio somministrato al termine dell’interazione.

I risultati più interessanti dello studio dell’interazione tra consumatori ed interfaccia sono stati:
1.) Generale: Il quotidiano (New York Times) ha avuto un livello di interesse superiore ma un coinvolgimento emozionale minimo, preceduta da Yahoo! e infine dall’emozionale Facebook. Yahoo! ha attivato anche il livello inferiore di memorizzazione.

2.) Adv e attenzione: la presenza di adv (qui però non si specificava se ci fossero inclusi degli intrusivi rich-media che a me infastidiscono a bestia) non influisce sul livello di memorizzazione dei contenuti.

3.) Tipi di Adv: l’attivazione emozionale e mnemonica è stata superiore con l’esposizione a messaggi su social-network sebbene il livello complessivamente raggiunto di memorizzazione del messaggio sia perfettibile a prescindere dal media utilizzato: era stato misurato un adv di Visa, di solito abbastanza istituzionale nei messaggi veicolati e nel modo di esprimerli… naturalmente questo non aiuta un bel “FUORITUTTO” con patacca rossa (e qui mi torna in mente il proattivo ma giovanissimo Pier che l’altro giorno mi vien fuori con un “Gasp, Gasp ma lo sai che il rosso nella pubblicità funziona!?!” … ‘so giovani :) con effettoni 3D vagamente anni ’90 avrebbe probabilmente risvegliato l’attenzione maggiormente.

4.) Postare su Facebook: vedere un brand presente sulla propria bacheca rende i consumatori più affini, confidenti, connessi al brand stesso e lo si può misurare tracciando la semantica con cui i soggetti stessi descrivo lo stesso brand prima e dopo l’esposizione.
Il la relazione con il cliente si sta evolvendo in amicizia con il brand, affinità pura tra persona e prodotto con una predisposizione alla riattivazione crescente.

5.) Engagement vs. Attenzione: in generale il livello di attenzione e di coinvolgimento degli ads a cui si è esposti on-line è maggiore rispetto a quello televisivo grazie alla natura stessa del mezzo: l’interattività del computer attiva molte più risorse neurali per interperetare sia i contenuti editoriali che quelli pubblicitari.
Ricordiamo tra l’altro che la fruizione sincrona di più media è un’abitudine dilagante nelle giovani generazioni che fruiscono contemporaneamente radio, tv, cellulare, ipad … Un po’ come raccontava Alessandro Baricco nel bellissimo saggio sul mutamento e la trsformazione sociale “i Barbari” (che vi consiglierei caldamente di leggere o, quantomeno di fruire tramite le 8 schegge pubblicate su youtube).
Figuriamoci se già i giovani consumatori si distraggono con la fruizione del media singolo, durante l’esposizione multipla, se non ci infilate almeno un pochetto di interattività quanto si possono ricordare un adv qualunque …

Il social ne esce piuttosto vincitore, meglio se collegato a un sito corporate che ne supporti il messaggio con contenuti poco testuali e che completino l’esperienza nata al di fuori dei miei “media posseduti”, la dove è ancora alta la soglia d’attenzione del cliente, già perchè la visita su un sito nasce sempre altrove.

Alla fine della fiera, se rispetto all’ideale percorso di acquisto il digital è da sempre considerato più efficace ed efficente dei media tradizionali sulla parte di aquisizione della clientela parrebbe che man mano lo stia diventando anche sulla veicolazione di messaggi di brand advertising.

Anche tu ti distrai mentre guardi la tv? Segui gli aggiornamenti del blog su FB facendomi un piccolo like, a me fa molto piacere :)

2 Comments

  1. maria
    8 Settembre 2012
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    Ciao, sono una studentessa, sto scrivendo la tesi sulla UX. In questo articolo parli di pubblicità online, più efficace a livello cognitivo. Ma Adv e UX come si combinano tra di loro? O meglio, quanto la UX sta modificando il modo di fare pubblicità?

    • 9 Settembre 2012
      Reply

      Ciao Maria, piacere di conoscerti, innanzitutto ti consiglierei di dare un’occhiata alla serie di post dove descrivevo le diverse fasi del percorso di acquisto (https://www.gasparotto.biz/2012/01/percorso-d-acquisto-strategia-marketing/https://www.gasparotto.biz/2012/02/percorslo-dacquisto-2/ – e infine https://www.gasparotto.biz/2012/03/performance-marketing-direct-digital/ ) perche’, a seconda di esso il cliente a diverse necessita’ ha cui l’adv deve adattarsi cambiando contenuti ed UX.
      ad esempio se devo far ricordare che esiste un brand, e voglio far rimanere un ricordo persistente, faro’ del branding con un rich-media molto suggestivo grosso, invadente bello emozionale, animato dove la creativita, spazza via l’UX, se voglio vendere, quindi mi oriento alle performance, mi concentrero’ su messaggi commerciali (prezzo prodotto servizio ) e sulla funzionalita’ numero di parole call to action del colore e della dimensione giusta …
      La cosa bella e’ che nel marketing a performance, piu’ che con ogni altra cosa, magari facendo un po’ di ab e multivariate testing ( https://www.gasparotto.biz/2011/02/a-b-multivariate/ ), riesci a misurare quanto della UX fatta come Dio comandi ti sposti i risultati.
      Facci una pensata e se poi vuoi approfondire batti un colpo.
      ciao
      Gasp

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