“Dobbiamo perdere il controllo dei contenuti” diceva un paio d’anni or sono il bravo Giovani Pola in una presentazione dell’Osservatorio Multicanalita’.
L’asserzione mi suggestiono’ e l’ho condiviso da subito. Il concetto e’ interessante e molto attuale e, come tutte le idee nuove, dal momento della concezione alla realizzazione concreta necessita di molti livelli di condivisione e rielaborazione.
Questo significa che un concetto che a me può sembrare immediato ed intuitivo non è detto che, se ritrasmesso, venga recepito nello stesso identico modo. Come accade anche nelle migliori famiglie, tutti i web-internet-digital-qualcosa prima o poi devo spiegare a qualche illustre tecnoleso cosa sia digitalmente bene e cosa sia digitalmente male.
Passatemi il termine (coniato dal dissacrante Niccolò) e, al di là della definizione canzonatoria, capiamone la genesi. Parto dal presupposto che i decision maker (dirigenti, amministratori, azionisti, proprietari, … ) non siano dei fessi ma che facciano altro e che debbano essere bravi in quello che fanno. Per questa parte a loro oscura cercano qualcuno di competente che se ne occupi. Il problema è che hanno avuto degli web-internet-digital-interlocutori scarsi. Molto scarsi. La maggior parte dei quali non sanno calare il calcolo del R.O.I. nel proprio contesto e quindi preferiscono parlare di pagine viste, visitatori e tutta quella roba quantitativa, autoreferenziale e inutile, troppo distante dal fatturato.
La mentalità attuale è frutto di scarsa propensione alla materia e pessima formazione/informazione/interlocutori: è da questo punto che è necessario partire per costruire qualcosa di più. A me è capitato diverse volte di fare quest’esercizio e di recente ho aiutato uno stimato ex-collega Luca compiere un simile percorso.
Quando si pensa al proprio sito aziendale, anche se si è abituati a pianificare media e campagne, tutto quello che conosciamo, magicamente, scompare. E viaggiamo nel tempo al 1563, prima che nascesse Galileo. Il mondo torna piatto e il centro dell’universo diventa il nostro sito.
Come se qualcuno un giorno potesse svegliarsi la mattina bramoso di visitare il nostro www.chennesoio.it . In modo assolutamente decontestualizzato dalla nostra quotidianità, dai percorsi che portano dall’insorgere di un bisogno al soddisfacimento del medesimo, dai nostri percorsi d’acquisto.
Invece non è così lineare, qualunque sito (o quasi qualunque) è la fine, non l’inizio, di un percorso cognitivo ed esperienziale legato al vissuto ed alle necessità della persona. Il nostro sito è la fine o solo un passo di un cammino più lungo, che spesso parte dalla ricerca o dalla “condivisione sociale” e si articola in fasi di ricerca più avanzata e quindi, in senso lato nella comparazione. Il modo migliore per farlo fruttare il nostro sito, di raggiunger i nostri obiettivi è contestualizzare i nostri contenuti, interni ed esterni al nostrosito, in modo oggettivo. Capendo in che momento quale persona ha deciso di usarlo, per quale motivo e cercando di fargli fare quello che vuole meglio e più facilmente.
Ecco la psichedelica animazione in testata ambirebbe a rappresentare tuttociò in appena 8 frames, ed è li, tra gliulti 4 frames, che dovrebbero finire i contenuti di cui abbiamo perso il controllo.
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[…] Un punto importante che spesso non consideriamo, che diamo per scontato è il criterio con cui vengono erogati questi contenuti aggiuntivi. Mi spiego meglio, se cerco il nome di un locale di Milano a volte mi fa vedere la mappa con il numero di telefono, a volte invece semplici liste di risultati. Quando cerco il titolo di una canzone a volte visualizzo i link a youtube, a volte invece semplici liste di risultati. Questo accade perchè l’argoritmo in alcuni casi trova sufficienti informazioni per fare un certo tipo di associazione ed in altri casi no. Se stessimo ipotizzando di stendere un piano editoriale ecco che il contenuto dovrebbe essere concepito in modo più ampio. La direzione per atterrare sul nostro sito non è un percorso lineare ma una traiettoria guidata da una strategia ard…. […]