Dona il 5×1000 ai malati di benchmark.

benchmark-user-experience-e-commerce

Ieri stavo chattando con un buon amico digitale, Marco Loguercio, con cui ogni tanto ci sia aiuta e si scambiano quattro chiacchiere, la conversazione è andata cisrca così:

Marco Loguercio: “ehilà. tu hai idea di chi abbia fatto il nuovo sito ecommerce di XXX?
Federico Gasparotto: “Cavoli lo sapevo ci penso e poi ti dico
Marco Loguercio: “Perchè ormai fanno proprio con lo stampino: somiglia a YYY
Federico Gasparotto”Non so se lo hanno fatto con ZZZ
Marco Loguercio:”No, ho visto che è KKK
Ma a livello di layout è parecchio simile (anche se, a dire il vero, anche YYY non è originale come design…) ”
Federico Gasparotto: “I follower di solito son patiti del benchmark :)
Marco Loguercio: “E per quei benchmark magari ci spendono anche un sacco di soldi:-)
Federico Gasparotto: “No figurati glieli faccio gratis : sono una onlus
Marco Loguercio: “Infatti vedo ogni primavera la tua campagna “dona il 5×1000 ai malati di benchmark” :-)

La battuta finale mi ha fatto ridere e l’ho usata come titolo di questo breve post che ambisce ad essere poco più di un riflessione condivisa ma il punto è “I follower di solito son patiti del benchmark :) “.

Seppur sia vero che “l’imitazione è la più sincera forma di ammirazione” spesso diventa una comoda coperta di Linus a cui si aggrappano i player meno innovatori e più timorosi, in certi casi addirittura interi settori, come spesso accade nel Fashion:
cos’hai in mente ?
Ah si? E chi l’ha già fatto?
Ma qualcuno simile a me, più simile a me o più figo ancora lo ha già fatto?
Eh beh ma se non l’hanno già fatto allora vuol dire che non funziona…

Ora, capiamoci, il benchmark e’ contro-natura, se Dio volesse che faccia parte del normale processo cognitivo l’homo-sapiens non avrebbe inventato ne’ la ruota ne’ il fuoco perche’ non era gia’ stato fatto da nessun altro Nehandertal, che ai tempi deteneva una quota di mercato molto maggiore!

Il benchmark serve se fatto in modo molto granulare e strutturato in base alle proprie tecniche di data-driven-management, ad esempio un processo sia macro che micro, perche’ no, pure il processo d’acquisto di un e-commerce, fa diviso in sotto-fasi a cui viene attribuito una metrica o un KPI puntuale (e attenzione alla fuffa sparsa in giro da forrester) e poi si paragonano gli approcci in modo anche quantitativo.

Senno’ rimane a livello alto e qualitativo non si chiama benchmark ma coperta-di-Linus che e’ molto utile ai follower per sentirsi sicuri, ma , in tempi di crisi e’ il contrario di quel che serve, sbarra la strada all’innovazione.

il decision maker di un'azienda fashion spesso adotta la tecnica coperta di linus

Buona innovazione a tutti !

Be First to Comment

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.