Come strutturare i contenuti per un piano editoriale social

Ho iniziato a parlare di come costruire un piano editoriale per i contesti social un paio di post or sono, anzi del contesto tattico in cui operare, cercando di capire esattamente cosa, come e dove sia opportuno pubblicarlo.

L’ulteriore concetto da considerare è che non solo i contenuti che creeremo saranno pubblicati (push) ma potranno anche essere presi e resi visibili a prescindere dalla nostra volontà (pull) da motori di ricerca o da temibili blogger :D Ma “perdere il controllo dei contenuti” è una cosa buona, soprattutto nella misura in cui ne siamo consapevoli.

La chiave è la tassonomia. Ovvero, Wikipedia docet, la “classificazione gerarchica di concetti”. particolarmente significativa è l’immagine della testata per riuscire a visualizzare immediatamente quale sia il tipo di associazione tassonomica che dobbiamo fare con i contenuti.

Iniziamo a mettere insieme tutti i contenuti, sia i dati [A] in se che quelli che aiutano a capire, che enfatizzano il significato del dato stesso, ovvero i metadati [H]. Ci verrà fuori un bel HAHAHAHAHA, ovvero la massima risata possibili immaginabile.

E poi, dopo aver creato una sorta di contenuto assoluto atomizziamolo e cerchiamo di attribuir una dignità ad ogni parte del tutto.

Se uno dice una battuata, tipo un capo rubicondo con poco senso dell’umorismo, è sempre bene fare almeno un [HA]. A una cena di gala non si deve mai andare sotto ad un [HAH] e mai oltre un [HAHAHA] in alcune situazioni ci si può [rotolar dal ridere] e solo in contesti particolarmente familiari arrivare allo [scombiscio].

Il contenuto è la risata fatto “H” e di “A”, le lineette e le definizioni, dal [not funny at all] al [mockingly funny] è la tassonomia che definisce quale combinazione e frequenza faccia  assumere una potenza comunicativa maggiore. Decidiamo poi noi, in base al nostro contesto ed all’audience di destinazione quale modulazione sia, di volta in volta, adatta a contesti differenti.

Proviamo a lavorare sulle “acca” e “sulle “a” (e questa avrebbe potuto dirla Rex Harrison nell’ Higgins di “my fair lady“). Si parte con la classificazione, come visto, di tutte le forme che potranno assumere i contenuti (tipo il maestro yogi dei cms che ci insegna: il contenuto è un liquido, in quanti vasi di quale capienza e dimensioni finira?):

  • Pagine del sito
    • Home page
    • Category page
    • Listing page
    • Article
    • Product
  • E-mail
    • Newsletter
    • DEM
    • Landing-page
  • Minisiti
    • interni
    • esterni (di supporto a campagen pubblicitarie)
  • Press release
  • Community
    • Forum
    • Blog
    • RSS

Per ogni elementi si definisce la struttura dei:

  • contenuti interni in push:
    • home page ha bisogno di:
      • un titolo di 80 battute
      • un immagine media
      • una descrizione di 300 battute
      • un link 20 battute (con fancy url)
    • La pagina di un articolo necessita di:
      • un titolo di 120 battute
      • un sottotitolo 160 battute
      • un immagine media
      • una descrizione di 300 battute
      • un link
    • Newsletter:
      • un titolo di 140 battute
      • un immagine media
      • una descrizione di 600 battute
      • un link a landing page con call to  action
    • e via discorrendo …

Consideriamo anche contenuti esterni:

  • Twitter 1 riga 140 caratteri incluso link
  • Facebook
    • link con commento250 caratteri
    • condivisione contenuti titolo 200 caratteri e testo 500 caratteri
  • etc etc …

Orgoglioso e non pago dell’esempio idiota nell’immagine reitero.

Passiamo adesso all’applicazione della tassonomia. Supponiamo che noi si abbia una [descrizione da 120 battute], praticamente un [ha], che useremo come titolo di pagina, e, quindi un un link da 20 battute da inserire in una serie di box nelle posizioni più visibili, direi praticamente un [h], mettendoli insime avremo un [ha|h] che potremo utilizzare pure, frequenza permettendo, come messaggio su twitter.

E proseguendo, quella descrizione del box nella home, [haha], potrebbe essere pure utilizzata come description per i motori di ricerca,  e ancora [haha]. Ma se per quei due box potra essere utilizzato per il medesimo contenuto seppur con finalità leggermente differenti, dovrò, però, tener conto dei criteri di creazione di testi finalizzati al SEO, che sacrificano alcune circonvoluzioni linguistiche a beneficio di più comuni parole normalmente utilizzate in ricerca.

E su Facebook, userò la stessaa descrizione magari con un trimmed text o è meglio crearne una ex novo? Ne avrò il tempo?  E’ più strategico usare un altro tono per il contenuto? che impatto avrà sul SEO?

Bene non è che all’inizio del post ambissi a dare le risposte ma far porre agli interessati le domande giuste. Per trovare la propria via, usgerisco, però, di fare l’esercizio precedentemente descritto esercizio:

  • prendi un  foglio,
  • combina tutti i tui dati [H] e i tuoi metadati [A],
  • crea un super contenuto anche con tutte le ripetizioni che potrebbero generarsi, il processo migliore è non curarsi delle ridondanze iniziali e deduplicare successivamente,
  • provare a far una tassonomia,
  • provare a spiegare il contenuto del foglio prima a uno scrittorre tecno-lòeso, poi a un tecnico illetterato,
  • se hanno capito un po’ e non hanno sollevato troppe obiezioni siete pronti a tutto :D

Iniziate a disegnare la struttura ideale e man mano raffinatela aggiungendo e togliendone parti. Fatto questo determinato il numero delle battute e il tipo di contenuto (testo, codice numero, link) avete definito la struttura di un datamodel (non fatevi spaventare dal parolone)  che potrete trasformare in un file XML molto simile come utilizzo a un Word o a un Excell usando strumenti adatti (io mi son sempre trovato bene con XMLSpy). L’XML poi permette di aggiornare automaticamente diverse le piattaforme CMS e i gestori di export per social-sharing o e-mail-marketing senza troppo sforzo da parte dei programmatori. Il vostro foglio iniziale  potrebbe avere più o meno questo aspetto:

A onor del vero Tassonomia vuol dire tutto e vuol dire niente, dipede dal contesto e dal fine. E’ in definitiva un metodo, quindi, se qualcuno un giorno vi parlasse di tassonomia per botanica o zoologia o vi facesse vedere uno schema come qello sotto, in realtà potrebbe avere ragione lo stesso. E’ una tassonomia ma non finalizzata alla realizzazione di contenuti per scopi editoriali digital.

Alla faccia del tasso.

6 Comments

  1. 28 Giugno 2011
    Reply

    Attenti tutti che alcuni di questi criteri sono piuttosto dinamici, soprattutto quelli legati al SEO e la description che ieri poteva essere di 160 caratteri ora è meglio farla di 140

  2. […] dei contenuti principali a box di differenti tipi e forme a seconda delle differenti pagine. Quando strutturiamo i contenuti e definiamo il piano editorialedi comunicazione digital, nei criteri tasson… che utilizzaremo, dobbiamo anche tener conto che non sempre è il caso di far vedere tutto ovunque. […]

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