Ogni tanto chiedo ai miei interlocutori (colleghi, clienti, gente che fa colloqui,…) che cosa intendano loro per Digital-Marketing, forse perchè si sentono a disagio o perchè temono sia una domanda trabocchetto partono con delle pippe iperboliche che praticamente mi lasciano sempre perplesso… Per me che sono un ragazzo semplice il Digital-Marketing è esattamente l’applicazione dei vecchi principi del marketing che mi aveva insegnato Mario Argano con qualche aggeggio in più che permette di eseguire e misurare quel che si sarebbe sempre dovuto fare ogni tanto con maggior efficacia ogni tanto con maggior precisione.
Se ripartiamo per un secondo dai cari vecchi Basics del classici del Marketing-Mix e provare ad applicarli al nuovo contesto Digital avete mai provato a pensare cosa accade a due delle più classiche ed importanti “P” di sempre sono quelle del Product e quella Packaging, a cui tanta attenzione i marketer del Consumer Goods pongono, quando si tratta di contesto digital?
La più grande barriera all’acquisto è l’assenza del prodotto fisico
Sembra banale a dirsi ma il fatto di non poter vedere e toccare un prodotto è una delle prime barriere all’acquisto dell’e-consumer italiano: qui il bisogno di toccare è ancora forte, come dimostrano i dati della ricerca Contact-Lab / Netcomm sono il primo fattore a cui prestare attenzione.
Forse sarà perchè in altri paesi dove il pacco-e-contro-pacco è meno diffuso la diffidenza che un prodotto non perfettamente descritto nasconda il cosidetto manufatto-ligneo (termine giuridico per descrivere quando ti rifilano la sola) è minore, ma credo, non solo.
Se non puoi toccare o vedere il prodotto fisicamente bisogna colmare quel GAP in altro modo. Quel prodotto dev’essere rappresentato digitalmente in modo ottimo con schede e foto del prodotto che lo visualizzino in modo appealing e lo descrivano in modo esaustivo.
E’ proprio per questo che nei paesi più maturi, dove l’e-commerce è un fenomeno più diffuso e radicato, l’attenzione alla rappresentazione del prodotto è molto maggiore ed il cliente è più confidente.
Un paio d’esempi fashion e reatail:
- Asos.com ha delle gallerie bellissime molto migliori di quelle dei competitor del sud Europa,
- Le schede prodotto di retailer com Tesco sono dettagliatissime e vengono addirittura integrate in logica omnicanale portando l’esperienza socail nei negozi.
In Italia invece le schede sono pessime a cominciare dalla scarsissima attenzione che mettono i produttori nella strutturazione delle informazioni che non hanno ancora ben colto quanto il digital influenzi gli acquisti.
I peggiori di solito sono quelle aziende che terziarizzano demandano a terze parti, e-commerce-full-service-provider o flash-sales, la rappresentazione e la commercializzazione dei prodotti. Se non ci mettete cura voi a valorizzare il vostro prodotto pensate che se ne prendano cura dei mercenari al posto vostro che oltre a vender voi vendono pure tutti i vostri competitor?
Se facessimo un parallelo è come se mettessimo in vendita un prodotto riempiendo gli scaffali di scatole bianche con una semplice scritta “maglietta” o “telefono” neutra senza materiali, composizione o ingredienti e dicessimo al cliente “Ueh ma perchè non comrpi?“, come se tenessimo una vetrina mezza coperta con pagine di giornale e con le luci spente e dicessimo al cliente “Ueh ma perchè non entri?”
O come se mettessimo una borsa bianca su un manichino bianco su un fondo bianco e dicessimo al cliente “Ueh ma non capisci quant’è bello?” Ops ma mi sono sbaglaito, questo non è un parallelo è una delle tante boiate che si trovano navigando (vedi foto in testata).
La chiave per le vendite (non solo) e-commerce è la digitalizzazione dei prodotti.
Negli ultimi 10 anni, come ci dimostra lo studio McKinsey proposto da Oracle, l’importanza stessa della decisione d’acquisto e dell’esperienza legata al prodotto (soprattutto se ad alto valore aggiunto) è guidata non più dal negozio ma dal marketing abilitato da strumenti digitali. E qui entra il ruolo dell’omnicanalità, dell’e-commerce che influenza le vendite e dell’importanza del digital rispetto all’intero percorso d’acquisto.
La maggior parte dei gestori di siti che conosco si fanno ispirare dai maggiori siti del proprio settore ma poi, quando c’è da realizzare, tendono sempre a far economia, riciclando immagini create per il cartaceo, non scrivono le descrizioni, copiano-incollano quel che trovano in giro e si meravigliano della scarsa conversione.
Per intendersi non è che una scheda prodotto semplice minimale e perfetta sia buona perchè è giusta. Il cliente rompe sempre le scatole e le schede contengono sempre e conterranno sempre imperfezioni ma non è una specifica sbagliata a compromettere le performance, ogni 100 prodotti dovremo risarcire la vendita a un cliente per un qualche motivo, fa parte del gioco, teniamolo in conto.
La bontà di una scheda prodotto si misura nella capacità di coinvolgere il cliente con:
- l’originalità dell’impostazione della scheda che deve esprimere i valori del brand e la personalità del prodotto,
- la completezza dei contenuti sia nel fashion che descriva taglio vestibilità e materiali che negli altri prodotti retail con specifiche dettagliate,
- La qualità della fotografia partendo dalle dimensioni e la possibilità di zoommare,
- l’ambientazione del prodotto in contesti di vita reale,
- l’associazione del prodotto con tutto un universo di cross-selling contestualizzato e spiegato al cliente (cross-selling di cui parlano tutti ma che pochissimi fanno decentemente),
- e perchè no magari arricchendo con un bel video.
Expereince-Design e Style-stories
Uno dei trend di maggior successo del momento è l’Expereince-Design tramite lo Style-stories che ha decretato il successo di diversi siti e che pare abbia ancora dei discreti spazi di crescita.
In sostanza fa vivere immediatamente delle emozioni ingaggiando il cliente con emozioni irrazionali che stimolano in tutti i modi possibili il sistema limbico e lo accompagna passo passo fino all’acquisto del singolo prodotto che compone il mosaico dell’esperienza trasmessa.
Va beh ma adesso ne abbiamo parlato troppo, vediamo di fare un esempio concreto sennò vi annoio e non mi condividete il post: il mio sito preferito è Stories.com, se lo guardate è bello, bellissimo!
Sembra un magazine di Conde-Nast e invece è uno dei brand di H&M e non ve ne accorgereste se non vedeste il prezzo… se ci aggiungeste uno “0” alla fine, per come vi hanno valorizzato i prodotti che avete appena visto, potreste credere che il prodotto li valga.
Il Mosaico, per intendersi non è un approccio cheap, anzi i primi ad adottarlo furono Cartier ed Hermes, certo dando un po’ più spazio ai prodotti ma esattamente con le medesime dinamiche.
A ogni business la sua scheda.
Non c’è una scheda perfetta o la ricetta ideale, ci sono tanti altri esempi per i diversi tipi di prodotto, le video-schede del brico, l’ambientato per il design, la scheda comparativa per l’elettronica (e magari ne proporrò altre nei prossimi post), l’unica regola d’oro è valorizzare il più possibile il prodotto, farlo sembrare fichissimo, necessario.
Perchè la vendita, in realtà, è lì che la si fa.
Buona digitalizzazione del catalogo a tutti.
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Caro Gasp,
Che dire, sono ahimè, molto d’accordo con te.
Tra l’altro, quando menzioni ASOS, il nostro livello di compatibilità consulenziale raggiunge vette che nemmeno Brad Pitt e Angelina Jolie dopo aver sfornato l’ennessima coppia di gemelli.
Parlando di ASOS, imho, sai quale trovo davvero sia l’added value rispetto agli ecommerce proprietari dei brand che il buon marketplace rivende? I modelli. Sì, caro mio. I modelli che, per estetica, sono in liena con il positioning di ASOS. Vero e proprio brand UK-based che ha nell’estetica rock/hypster il proprio manifesto programmatico.
Prova a farti un giro sul sito di Levis. La UX è cheap e i jeans presentati in maniera terribile. Ma loro hanno i punti vendita e una rete distributivca capillare. E quindi forse è giusto così. L’ecommerce serve, tatticamente, ma non deve/può fare grandi numeri.
Credo che la lezione sul tema scheda prodotto sia stata invece ben imparata e divulgata da Yoox che, non a caso, investe in produzione di materiali fotografici e video, un bel pò di quattrini.
Utile l’analogia tra scheda prodotto e packaging.
Best
M.
Ciao Matteo,
oddio, se mi parli di investimenti per la creazione degli asset sono d’accordo altrimenti mi pare Yoox si abbastanza asimmetrico nel livello di servizio erogato che quando si tratta di alcuni brand è molto migliore in altri casi meno buono.
Quel che consiglierei ai brand è di gestire in autonomia il proprio shooting e copyright coordinando fornitori specializzati e imprimendo la propria impronta alla rappresentazione del prodotto, ad esempio possiamo:
ciao
Gasp
Ciao Gasp e complimenti per l’ottimo articolo molto interessante.
Hai recensito degli e-store molto importanti e conosciuti come Asos, Stories e anche Yoox in alcuni commenti.
Ho scoperto da qualche mese un nuovo e-store tramite un mio cliente intenzionato ad avviare un progetto e-commerce nel settore del luxury fashion.
Il sito in questione si chiama Massaboutique.com ed effettivamente come segnalato dal mio cliente, si tratta di un e-store di una “piccola” azienda pugliese che vende online e tramite le loro boutique fisiche, abbigliamento, accessori e calzature di brand molto importanti.
Sono rimasto molto colpito dalla semplicità della grafica utilizzata, facile da navigare e con delle foto e delle schede prodotto abbastanza ottimizzate.
Mi piacerebbe ricevere se possibile un tuo feedback in merito.
ciao
articolo molto interessante, complimenti
sono d’accordo sul fatto che ci siano ancora tantissime barriere in italia, sia culturali che di approccio all’acquisto online.
le cose stanno cambiando ma ad una velocità inferiore rispetto agli altri paesi EUR.
Quindi non solo siamo indietro ma ci sviluppiamo più lentamente.
Comunque rimangono ancora spazi per l’ecommerce se fatto con molto impegno ed intelligenza.
ciao
Bruno
[…] i contenuti che definiscono l’Experience (dai video delle sfilate allo story-telling, alle foto e le schede prodotto) sono i più importanti e la loro esecuzione devono guidare le strategie […]
[…] i contenuti che definiscono l’Experience (dai video delle sfilate allo story-telling, alle foto e le schede prodotto) sono i più importanti e la loro esecuzione devono guidare le strategie […]
Concordo su tutto ma non sulla borsa bianca su sfondo bianco su manichino bianco. Anzi la ritengo abbastanza appropriata sotto vari punti di vista.
Quella foto è fatta solo ed esclusivamente per far vedere la grandezza della borsa che altrimenti non si percepirebbe con foto close up.
Il manichino bianco è una scelta più che sensata: ricordiamoci che deve far vedere solo quanto grande è.
Il vestito bianco non male dai, oltre ad essere un bianco panna che si sposa benissimo con il colore della borsa, ha il vantaggio che un utente deve prestare più attenzione alla grandezza della borsa e non agli accessori o vestiti.
Consideriamo anche il fatto che le foto vengono fatte da una società e-commerce outsourcing… ricordiamoci che una modella solo per un foto “secondaria” ha un costo (anche se tale società è tra le più grandi al mondo… se non la più grande al mondo.)
Ciao!